HomeConflittiCosa sta succedendo in Medio Oriente: analisi della situazione a Gaza

Cosa sta succedendo in Medio Oriente: analisi della situazione a Gaza

Per cercare di capire cosa sta realmente succedendo in Medio Oriente, e più precisamente nella striscia di Gaza, è utile ricostruire i fatti.

I numeri

Il massacro terrorista di Hamas è avvenuto il 7 ottobre 2023 , causando la morte di 1.200 persone , per lo più civili. Inoltre, 251 persone sono state rapite e sono stati lanciati 5.000 razzi contro il territorio israeliano. Da quel giorno, si contano 468 giorni di guerra , durante i quali la reazione di Tel Aviv ha provocato circa 46.000 vittime . Tuttavia, secondo un report pubblicato dall’inglese The Lancet , il bilancio potrebbe essere più pesante del 40% .

Le strategie

Numeri a parte, è evidente che, se potesse, il leader israeliano farebbe piazza pulita delle macerie della Striscia e trasformerebbe tutta l’area in un parcheggio. Per di più, la tregua firmata su pressione degli USA , del Qatar e delle opinioni pubbliche mondiali, dopo la cessazione delle operazioni militari e il ritiro progressivo da Gaza delle forze israeliane, dovrebbe portare alla fase della ricostruzione e all’entrata a Gaza dell’ Autorità Palestinese di Abu Mazen , il presidente già abbondantemente delegittimato nella West Bank e adesso designato leader dell’enclave, un passo decisivo per la nascita dei famosi Due Stati , per Netanyahu vero fumo negli occhi. La debolezza di Abu Mazen è considerata, ed effettivamente è, una premessa per il ritorno al potere a Gaza, in qualche modo, degli integralisti filoiraniani di Hamas . È più che evidente che i miliziani non sono scomparsi, anzi oggi sono più intransigenti che mai, guidati da un altro Sinwar , Mohammad , detto “shadow”, ombra, il fratello di Yahya Sinwar , l’ideatore dell’attacco del 7 ottobre. Ed è scontato che parecchi palestinesi di Gaza sopravvissuti ai bombardamenti (motivati dalle perdite subite di parenti e amici) siano più che disposti a condividere credo e scopo di Hamas : nuovi adepti per la guerriglia. È stata (ed è) una guerra che alimenta le file della guerriglia nemica, insomma. È anche chiaro che chiudendo almeno temporaneamente il capitolo Gaza, Israele potrà concentrarsi meglio sugli altri fronti aperti:

  1. il Libano già parzialmente controllato ma ancora con grosse presenze di Hezbollah, oggi teatro di una tregua iniziata il 27 novembre per scadere il prossimo 27 gennaio;
  2. lo Yemen dei ribelli Houthi, che ancora, come l’altro ieri, nonostante i ripetuti strike di Tel Aviv e delle forze angloamericane, trovano la forza e le munizioni per sparare missili contro l’odiato Stato ebraico;
  3. la Siria, considerata una potenziale piattaforma per raid islamisti;
  4. vari altri insediamenti filoiraniani nascosti entro i confini di Giordania, Iraq, Afghanistan.

Per non parlare dello stesso nemico numero uno, l’ Iran , motore del mondo sciita, ispiratore, finanziatore e armiere di tutti i gruppi anti-Israele citati sopra. Resta sempre sul tavolo del gabinetto di guerra israeliano l’opzione no atomic war , ossia la distruzione dei siti di arricchimento dell’uranio iraniani (opzione che sembra benvista anche dagli USA ), preludio dell’assemblaggio di un ordigno nucleare, che modificherebbe pericolosamente il quadro delle forze dell’area.

La tregua di Gaza

La tregua è considerata da tutti fragile e dipende dall’andamento della liberazione dei prigionieri. Formalmente, ha una durata di 60 giorni . Tuttavia, Netanyahu ha avvertito chiaramente che riprenderà la guerra “se la seconda fase dell’accordo dovesse rivelarsi improduttiva”. La cronaca recente ha mostrato avvilenti tira e molla, con le IDF che hanno bombardato Gaza nord anche dopo l’ora stabilita per il cessate il fuoco, e Hamas che tardava a fornire la lista dei rilasciati. Ieri, le prime tre donne ostaggio israeliane rilasciate sono state Romi Gonen , Emily Damari e Doron Steinbrecher .

Nonostante ciò, al confine sud, sul lato egiziano, si stanno concentrando i convogli di aiuti umanitari, in attesa di poter entrare. Ieri, centinaia di palestinesi hanno festeggiato la tregua a Gaza, ancor prima dell’orario fissato per il cessate il fuoco, inizialmente previsto per le 8.30 , poi rinviato alle 10.15 . Migliaia di sfollati hanno abbandonato le tendopoli per tornare nelle città, solo per scoprire che le loro abitazioni erano diventate un cumulo di macerie. Il loro destino probabilmente sarà una nuova tenda in una Gaza trasformata in un desolante campo profughi, tra carestia e malattie fuori controllo.

Le incognite

Sono ancora tanti, troppi i punti di domanda e le incertezze sull’accordo e sul futuro che attende il Medio Oriente. Ad esempio, dopo lo scambio di prigionieri, ci sarà davvero la fine della guerra oppure la tregua sarà servita solo allo scambio e poi si riprenderà come prima? Su tutto, incombe l’effetto Trump , che nessuno osa prevedere, vista anche l’estrema volubilità delle sue politiche estere. Quale sarà la postura Usa? Il 7 gennaio scorso Trump diceva che se Hamas non avesse rilasciato gli ostaggi israeliani in Medio Oriente si sarebbe scatenato l’inferno.

Cos’ha voluto dire? È stata solo una boutade per accelerare la firma della tregua o una promessa di nuovi impegni militari Usa nel quadrante? Vero è che nella stessa esternazione Trump ha anche anticipato le sue mire su Panama e Groenlandia, una sorta di strategia simil-Risiko che ha lasciato tutti interdetti: solo le solite sparate o un nuovo corso dell’America first?

Fonte: ilsussidiario

Articoli correlati

Ultime notizie